cooperativa The Hub Trentino
Trento - Trentino-Alto Adige/Süd Tirol

Passione
Settore
Servizi
Innovazione
2008
Nasce nel
Laboratorio di innovazione

Nel 2008 tre 25enni fondano la cooperativa The Hub Trentino per fornire un luogo di coworking. Nel 2011 la svolta con la formazione nelle scuole e ai disoccupati e con la consulenza ”dalla progettazione alla prima fattura”.

a cura di Dirce Pradella

Sono arrivato in Trentino pensando di restare il tempo di un master. E invece sono trascorsi 6 anni. Sono nato a Milano e mi è sempre piaciuta la dimensione metropolitana delle grandi città, perché stimola a trovare ogni giorno qualcosa di nuovo. Vien da sé che qui all’inizio mi sono sentito un po’ stretto. Oggi apprezzo la grandezza della prossimità, il fatto che con una bici si raggiungono luoghi e persone, il verde che abbraccia. Ma che mi lega qui con la testa e con il cuore è il progetto che ho condiviso con alcuni miei coetanei: la creazione della cooperativa The Hub Trentino e la sua trasformazione in una realtà flessibile e pronta ad accogliere e a dare ali all’innovazione. Ma partiamo dal principio. Ho studiato antropologia a Bologna e il primo lavoro l’ho trovato alla ONG ‘Amici dei bambini’, dove mi occupavo da Milano di progetti di cooperazione e sviluppo in Sudamerica. Mi piaceva, ma faticavo a vedere i benefici concreti, perché ero lontano.
Forse proprio questa ricerca mi ha avvicinato alla cooperazione sociale, dove la dimensione della ricaduta del beneficio è vicina e sondabile. Mi sono reso subito conto che avevo una lacuna formativa da colmare e quindi mi sono iscritto al master di Euricse in gestione delle imprese sociali. Risale a quei tempi, cioè al 2008, la mia curiosità rispetto alla rete degli Hub, cioè i luoghi di condivisione che stavano cominciando a far parlare di loro, come esempio di risposta innovativa al bisogno di rete e collegamenti per i giovani o le giovani idee e imprese. Ai sei mesi di master a Trento sono seguiti 6 mesi di tirocinio a Londra, dove ho scelto di lavorare proprio in un Hub. Ed è stata una doccia fresca: quel luogo era fucina di invenzioni, nodo di una rete mondiale, linfa di percorsi nuovi, dove si generava ogni giorno. Risale a quel periodo l’amicizia con Jari Ognibeni e con Dalia Macii con i quali è stata subito sintonia sul come far germogliare quel fermento che sentivamo tutti: da un lato il desiderio di avere una parte attiva nella crescita degli Hub, dall’altro la volontà di costruire qualcosa di nostro, trovando risposta autonoma a quella ambizione individuale che ciascuno di noi sentiva forte. Non ci siamo mossi da un’esigenza che sentivamo provenire dal territorio, proponendo una risposta innovativa ad un bisogno. Piuttosto direi che la nostra cooperativa è nata perché credevamo nel progetto che stava alla base: offrire ai giovani come noi spazi e servizi di coworking, cioè strumenti reali per collaborare, creare rete e nuove opportunità. Le difficoltà sono state tante, inutile negarlo. Avevamo partecipato al bando Seed Money che ci ha scartati, non ci hanno accettati nell’incubatore della Manifattura. Ma non ci siamo arresi: abbiamo affittato uno spazio privato a Rovereto e siamo partiti. Tra progettazione e costituzione è trascorso un anno.
La cooperativa è partita con 20mila euro di capitale, in parte nostri in parte di amici e parenti che volevano sostenerci (la mia prima fan è stata mia madre). Dedicarci full time a questo progetto non ha subito generato stipendi. C’è stato un tempo di ‘avviamento’ in cui abbiamo faticato, qualche volta anche litigato. Abbiamo avuto la fortuna di intercettare dei business angels che hanno deciso di investire nelle nostre idee con il ruolo di soci sovventori, senza quindi volere in cambio il diritto di entrare nella gestione. La scelta di condividere il rischio senza sbilanciare la governance è stata per noi una iniezione di fiducia. Così nel 2011 la cooperativa ha avuto una svolta: abbiamo capito che non potevamo puntare soltanto sul coworking, cioè sul ‘dentro’, ma aprirci al ‘fuori’, e abbiamo avviato un percorso di formazione per l’imprenditoria. Così sono partite le partnership con l’Agenzia del Lavoro e con Formazione Lavoro per dare risposte ai disoccupati. Abbiamo incontrato oltre mille persone che hanno perso il lavoro, raccontando quali e quante nuove opportunità ci sono. Abbiamo avviato la formazione nelle scuole per seminare imprenditorialità nei ragazzi, ed avvicinarli ad una società che va sempre più in quella direzione. E poi la consulenza. In Trentino ci sono tante eccellenze, ma poche occasioni di contaminazione con il tessuto sociale. Per questo offriamo consulenza sui finanziamenti dell’Unione europea, aiutando le imprese ad intercettare questi fondi. Supportiamo i processi di internazionalizzazione delle imprese trentine, lavoriamo nelle ristrutturazioni anziendali e con le pubbliche amministrazione nel campo delle smart city. Da due anni operiamo anche in Brianza sviluppando percorsi semestrali in cui selezioniamo idee imprenditoriali, accompagnando i protagonisti dalla progettazione all’emissione della prima fattura.
Curiamo da tre anni la mappatura delle effervescenze innovative in Trentino, misurando la capacità di creare lavoro attraverso la cultura. Recentemente abbiamo deciso di spostare la sede da Rovereto a Trento, in via Sanseverino, in uno spazio di duemila metri quadrati tra il Muse, le Albere e la nuova biblioteca. Ci piacerebbe diventasse il nuovo polo per innovazione, imprenditorialità, creatività e qualità in Trentino, facendo da ricettore alle ambizioni di quell’area. The Hub Trentino è nata infatti in un contesto di crisi ma non esaurisce la sua proposta nello spazio della durata della crisi. Perché nel frattempo è cambiato il modo di lavorare, ha preso piede il telelavoro, le persone sono costrette a spostarsi più spesso. La dimensione relazionale conta di più. E’ cresciuto l’ambito dei servizi: partite iva, professionisti.
Il supporto che dà uno spazio come questo guarda in tre direzioni: anzitutto verso chi ha una sua attività e ha bisogno fortificare relazioni per aumentare il suo mercato, risparmiare costi e cerca un luogo identitario. Ai disoccupati offriamo job club, una serie di incontri settimanali per scambiarsi informazioni sulle possibilità e occasioni. La dimensione comunitaria è inclusiva e consente alle persone di non sentirsi sole. Infine intercettiamo nuove idee frizzanti e le incrociamo con le esigenze delle imprese già esistenti che hanno bisogno iniettare innovazione e qualità nei loro prodotti e servizi. In quest’ambito collaboro con Confcooperative per supportare la nascita di spazi simili al nostro, che siano di innovazione e contaminazione cooperativa. Una decina sono già avviati, compreso quello di Bolzano inaugurato a dicembre.
Il claim è significativo: ‘A 20mila imprese può servire la tua idea’ e trasforma la rete delle cooperative italiane come mercato per i giovani e i loro progetti. Credo nella forza della rete e per questo sono nel direttivo dell’Associazione Giovani cooperatori trentina e nella consorella nazionale. In questo percorso ci sono stati momenti di sconforto, ma ho dalla mia parte una buona attitudine al rischio e una bella dose di ottimismo. La motivazione la trovo vedendo che dal nulla abbiamo coinvolto 15 soci e diamo lavoro a 9 persone in tempo di crisi. Siamo nel campo del cambiamento che sempre ci stimola e i feedback che riceviamo ci caricano. E poi c’è la dimensione internazionale: ogni sei mesi partecipo all’incontro con i delegati degli altri Hub del mondo: guardare le cose da fuori ricarica, dà lucidità e energie nuove. Paolo Campagnano