cooperativa In Cammino
Faenza - Emilia Romagna

Solidarieta
Settore
Welfare
sociale
1984
Nasce nel
Cooperatori nell’anima

Una storia nella storia, un racconto che parla di solidarietà, impegno civile, territorio e socialità

Questa storia è affidata alla testimonianza di Elena Bartolotti, presidente della cooperativa.

Io che di cooperazione non sapevo nulla, perché come ci siamo detti molte volte: “C’è chi cerca la cooperazione, ma a volte è la cooperazione che ti incontra per strada”. La storia della cooperativa In Cammino si è intrecciata con la mia, una storia che dura da 35 anni: era il 1984 ed ero una giovane studentessa universitaria alla ricerca di un lavoro, e, da un colloquio, venni a sapere che grazie ai finanziamenti dell’Unione Europea si stava pensando di costituire una cooperativa. Gli incontri si svolgevano nel sottotetto di via Castellani 26 a Faenza. Eravamo un gruppo di giovani ragazze che stavano terminando di studi tendenzialmente umanistici e le leggi imponevano che fosse un soggetto giuridico a partecipare agli appalti pubblici. Il 15 maggio 1984 abbiamo firmato dal notaio e il nome era (ed è) tutto un programma: In Cammino.
Il mondo di Confcooperative ci ha dato una mano, grazie ad alcuni veterani della cooperazione, e abbiamo iniziato con un piccolo contratto di integrazione scolastica e la sorveglianza a mostre. Presto si sono aggiunte le più adulte, ed eravamo in tutto una trentina. Io, come dicevo, di cooperazione non sapevo nulla, ma sono stata iscritta al libro soci con il numero 2 e ho sottoscritto dal notaio l’atto costitutivo. È buffa la vita. Le scelte della dirigenza non sempre mi vedevano allineata, ma i sette principi della cooperazione mi piacevano: 1) Adesione libera e volontaria; 2) Controllo democratico da parte dei soci; 3) Partecipazione economica dei Soci; 4) Autonomia e indipendenza; 5) Educazione, formazione e informazione; 6) Cooperazione fra cooperative; 7) Impegno verso la comunità. La cooperazione è una scelta per lavoro o per impegno sociale, ma ognuno può esprimere le proprie capacità imprenditoriali, la libertà di lavorare invece che aspettare un lavoro ideale che non arriva.
Tremila lire un’ora lavorata, senza copertura assicurativa in caso di malattia per i primi giorni: se non c’era il lavoro non c’era neppure la sospensione lavorativa, il nulla, ed eravamo a salario convenzionale, che in poche parole significava una pensione minima. Ma non era importante, quando si è giovani a queste cose non si pensa: era importante lavorare, fare qualcosa che ci piacesse, dall’assistenza scolastica, al sostegno a persone con disabilità. Le prime gare nel territorio faentino, la scelta della dirigenza di indirizzarsi anche verso il mondo degli anziani. Nel 1987 iniziammo a gestire la prima casa protetta (nel tempo tante persone hanno lavorato per farla crescere e sviluppare), San Maglorio. In quegli anni lontani, in cui eravamo ancora di produzione lavoro, parole complicate, il lavoro educativo e assistenziale veniva messo in gara al massimo ribasso, come la distribuzione dei sacchetti dell’immondizia.
Nel novembre 1991 uscì la legge 381 che disciplinava le cooperative sociali. Lo Stato che stava arretrando e un privato sociale che iniziava a presentarsi come soggetto economico. Ma, di tutti gli enunciati, quello che voglio testimoniare è la Cooperazione fra cooperative. Siamo nel 2006 si deve andare al rinnovo delle cariche e il bilancio non è stato ancora redatto ufficialmente: “Ci sono delle difficoltà, i conti non tornano”. La cooperativa è a un metro dal baratro. Si va in assemblea e in un turbinio di colpi di scena mi trovo ad essere nominata Presidente, nella totale incoscienza, inconsapevolezza e impreparazione. Confcooperative, nelle persone di Maurizio Gardini e Marco Venturelli, hanno comunque fiducia nella nuova dirigenza e Direzione, e quello che sembra solo un enunciato diventa reale. Un gruppo di Cooperative faentine si raccoglie intorno a noi, si espone finanziariamente per una cifra importante.
Fondosviluppo aggiunge ciò che manca e la cooperativa prosegue il suo cammino e ciò significava mantenere il lavoro e lo stipendio a 1.000 famiglie. Sono stati anni molto impegnativi, ma giorno dopo giorno, con le scelte del padre di famiglia, la volontà e il lavoro dei soci si è riusciti a ricostruire il patrimonio, anno dopo anno. Abbiamo restituito le risorse che generosamente ci erano state concesse e la cooperativa ha ritrovato equilibrio. Nel 2016 abbiamo avuto il piacere di poter restituire l’aiuto ad un’altra cooperativa in difficoltà, erogando a nostra volta le risorse necessarie. Oggi abbiamo intrapreso un nuovo percorso: abbiamo creato un Gruppo cooperativo paritetico con l’obiettivo di consolidare la nostra realtà, che mantiene chiari gli obiettivi: garantire lavoro ai nostri soci; erogare un servizio dignitoso e di qualità alle persone fragili (anziani, disabili); essere vicini ai territori con risposte occupazionali e di integrazione sociale.