cooperativa Famiglia cooperativa di Cavalese
Trento - Trentino Alto Adige/Süd Tirol

Territorio
Settore
Servizi
storia
1986
Nasce nel
Giorgio Parolari e l’ufficio restauri della Val di Fiemme

Cassa Rurale e Famiglia Cooperativa: contatti diretti e attenzione ai soci. Il “segreto” del risanamento e del rilancio

di Franco de Battaglia

“Ho raggiunto gli 80 anni e ho lasciato da poco la presidenza della Famiglia Cooperativa di Cavalese, ma se dovessi definire la mia vita mi verrebbe la tentazione di chiamarla “Ufficio Restauri”. Una vocazione? Una scelta? Non lo so bene, ma di fatto, nella vita e nel lavoro, mi sono trovato specializzato in situazioni di emergenza che sembravano quasi perdute. Ma con leali collaboratori, dentro la solidarietà della Cooperazione, sono state superate. Oggi le realtà cooperative di Fiemme hanno i conti in ordine, i bilanci in attivo”. Giorgio Parolari può ben parlare di una sua predisposizione verso scelte difficili assunte in prima persona anche perché Fiemme non è la sua valle d’origine. Non se l’è trovata in casa, è andato a cercarla. È nato, infatti, a Trento, ha studiato ragioneria al Tambosi e il papà è stato presidente dell’Istituto Autonomo Case Popolari (“ha costruito il quartiere di Cristo Re”). Nato nel 1937, dopo il diploma venne mandato dal padre per sei mesi a Vienna a imparare il tedesco. Restò a Vienna dal dicembre 1956 al giugno 1957, anni difficili (il Los von Trient di Magnago è del 1957) ma fondamentali, perché Vienna, ancora segnata dalle macerie di una guerra perduta, si apriva ad una ritrovata libertà dopo che il Trattato di Stato del 1955 aveva posto fine all’occupazione degli eserciti alleati. In piazza Schwarzenberg sorgeva (sorge) il monumento al soldato sovietico (e i viennesi gli misero nelle mani una valigia, per invitarlo a partire!) al Brennero sventolava la bandiera francese, non quella austriaca. Ritornato a Trento Parolari si avviò ad una solida carriera bancaria, assunto alla BTB a Bressanone, poi trasferito a Bolzano, fin tanto che nel 1965, fidanzato e prossimo a sposarsi con Rosanna, ottenne un avvicinamento a Mezzolombardo, per poi diventare direttore della filiale di Salorno.
Con Rosanna Giorgio ha festeggiato in giugno 53 anni di matrimonio, col figlio, la figlia e quattro nipoti. “Tutto sembrava procedere su binari regolari, di famiglia e lavoro – ricorda – quando nel 1972 venne a trovarmi Pio Dal Pra, che era presidente del collegio sindacale della Cassa Rurale di Cavalese, e questo incontro segnò una svolta”. ”. La Rurale di Cavalese veniva da trascorsi burrascosi. Era stata di fatto azzerata e ricostituita nel 1968 anche per impulso del giovane Claudio Betta (poi per lunghi anni consigliere e assessore provinciale nelle file del Pri). Per una serie di scelte sbagliate e avventuristiche la Cassa era a terra, con il patrimonio azzerato. Sopravviveva grazie a 500 milioni di prestito dell’Iccrea, ad altri 450 milioni prestati dalle Casse Rurali Trentine, dal Fondo Comune, più un’anticipazione della Banca d’Italia.”
Era a rischio liquidazione – rammenta Parolari – ma la sfida di prenderla in mano, con un gruppo di giovani volonterosi, mi attraeva. Ne accettai la direzione”. Era il dicembre 1972 quando Parolari arrivò a Cavalese, aveva 35 anni. Rimase direttore fino al 1992, ma già nel 1975 la Cassa poteva respirare. “Aiutò anche l’inflazione di quegli anni, ma il segreto era un altro, o meglio non c’era alcun segreto. C’era pazienza, lavoro quotidiano, attenzione ai tassi e alle esigenze dei piccoli risparmiatori, non solo degli imprenditori. C’erano soprattutto contatti umani. Se un cliente si trova bene parla bene della banca. Non ho mai fatto una riga di pubblicità alla Cassa Rurale. L’hanno fatta i nostri clienti”. “Nel 1992 (l’anno della legge Amato, sulla quale preferisco non esprimermi) fui messo in pensione dopo 35 anni di banca, ma venne Mauro Gilmozzi, che era sindaco di Cavalese, e mi disse che bisognava “dare una mano” alla Famiglia Cooperativa che stava affondando.
Era una situazione al limite: la cooperativa aveva 35 milioni di patrimonio e 980 milioni di perdite pregresse da ammortizzare. Accettai la sfida. Cavalese senza la cooperativa? Non era possibile. Nel 1994 ne divenni presidente. Con Misconel e altri andammo dal Sait di Fiorini ed ottenemmo un prestito da un miliardo e 200 milioni, un altro muto agevolato lo garantì la Provincia, chiudemmo un po’alla volta la partita delle perdite pregresse, instaurammo controlli di rigore. La mossa vincente fu di chiudere l’Ingros (non si sapeva mai bene quanto usciva e quando arrivavano i pagamenti) e aprimmo l’Eurospin, in “franchising”. Nel 1995 Eurospin aveva 90 punti vendita in Italia, oggi ne ha 1.100. Oggi la cooperativa può contare su un capitale di 5 milioni di euro, senza un euro di debito. Dal 1999 ne è direttore Marino Sbetta di Cavalese. Da quest’anno presidente è diventato il giovane commercialista di Cavalese Alessandro Sontacchi.
Ci siamo ingranditi, di siamo unificati con Carano, abbiamo la sede in posizione strategica, e il terreno per i parcheggi, acquistato da Pisetta è nostro, un altro colpo vincente. Mi si chiede a volte: “Perché i soci vengono in cooperativa”? Soprattutto per le politiche di convenienza, anche se la cooperativa ha un ruolo che va ben oltre l’offrire beni di consumi: rende i soci padroni delle loro botteghe, di un patrimonio, di un territorio, non consumatori che portano soldi a chi le indirizza altrove. Abbiamo 4.123 soci e l’anno scorso abbiamo distribuito 130 mila euro di ristorni. Quanto al Sait funziona bene, non ci sono grandi divari con Conad dopo le ultime pulizie fatte in casa. Ora è possibile giocare alla pari. La Cooperazione è un bene prezioso e a volte, come tutte le cose preziose, ha bisogno di qualche restauro. Per parte mia sono felice quando mi chiamano “Ufficio Restauri”.