cooperativa Cooperjob
Trento - Trentino Alto Adige/Süd Tirol

Tenacia
Settore
Servizi
lavoro,trentino,cooperazione
1992
Nasce nel
Costruttore di ponti? Sì ma tra persone

L’esperienza di cooperatore di Pietro Scarpa comincia da giovanissimo, dai i ragazzi in difficoltà nei gruppi appartamento della Comunità Murialdo fino a Consolida, e oggi, a 41 anni, a capo di Cooperjob, l’agenzia per il lavoro della cooperazione

Provengo da una famiglia di costruttori. Per questo sono diventato perito edile industriale e ho fatto il tirocinio per diventare capocantiere. Ma ad un certo punto della mia vita ho capito che non avrei costruito case, ma relazioni, non collegamenti di calcestruzzo, ma ponti tra le persone. Ho compreso che avrei operato con tutta la mia energia per facilitare l’accoglienza e la serenità di coloro che hanno bisogno d’aiuto e non hanno una solida rete familiare su cui poter contare. Ho cominciato ad avvicinarmi a queste tematiche da giovanissimo, quando da studente l’estate andavo a fare l’animatore per Caritas nella colonia di Calambrone. C’erano 800 bambini dai 3 ai 17 anni che restavano 20 giorni al mare ricostruendo di fatto le dinamiche tipiche di una comunità.
Ma è stato durante l’anno da obiettore di coscienza che ho capito che la mia strada non era nell’edilizia. Mi ha aiutato l’architetto presso cui ho fatto il tirocinio, che mi ha avvicinato alla Comunità Murialdo dove da obiettore ho vissuto 13 mesi in uno dei primi gruppi appartamento di Trento, dove venivano accolti i ragazzi in difficoltà da 11 a 17 anni. Ragazzi che vivevano in famiglie problematiche che non erano in grado di curarli adeguatamente. Un’esperienza forte, nella quale ho potuto mettere a frutto il mio personale percorso sull’accoglienza, che mi ha portato negli anni a vivere diverse esperienze. Da giovanissimo ho lavorato in un campo gestito dalle suore di don Guanella, in una comunità di Roma che accoglieva malati psichici. Ho approfondito il tema dell’accoglienza anche alla Comunità di Bose, dove è priore Enzo Bianchi, unico monastero di monache e monaci.
Hanno laboratori, una casa editrice e sposano la pratica dell’ora e labora. Ricordo che la domenica, presso il monastero, veniva a Messa l’allora presidente della Repubblica Scalfaro, con la figlia. E io pensavo: ‘Anche chi è in cima ha sempre bisogno di una dritta’.Ho frequentato la comunità di Carlo Carretto a Spello vicino ad Assisi, vivendo con altre persone in un maso dove si aiutava Fratello Abramo che viveva di campagna e di traduzioni dall’ebraico. Lì ho imparato cos’è la provvidenza e che bastano pochi mezzi per vivere in comunità. Ho vissuto con i Gesuiti in un campo di lavoro dove non si poteva parlare. Ho apprezzato la spiritualità del silenzio.Insomma ho curato una formazione personale da aggiungere a quella che forniva la cooperativa, con incontri in equipe e assistenza psicologica per aiutare gli operatori a vivere quotidianamente a contatto con il dolore dei bambini.
Dopo la maturità mi avevano regalato il libro di Primo Levi La chiave a stella. Il messaggio era ‘Vai e costruisci’. E così ho fatto, costruendo altro. Il seme era profondo, posizionato e coltivato da tempo nel mio cuore. Si trattava solo di prenderne coscienza. Dopo il percorso da obiettore, la Comunità Murialdo mi ha assunto come operatore in un appartamento. Era il 92. Un anno dopo, insieme ad altri, ho condiviso l’esperienza della cooperativa sociale Progetto 92, di cui sono il socio n° 13 a registro. Si tratta di un’impresa nata dalla Comunità Murialdo ed oggi ha più di 200 collaboratori ed è la maggiore cooperativa in Trentino che si occupa di minori, a 360 gradi, con servizi di accoglienza, educativi, di accompagnamento al lavoro. Erano gli anni in cui la cooperazione sociale esprimeva servizi innovativi, dando risposte di qualità ai tanti problemi dei minori.
Allora ho voluto sperimentare un servizio nuovo, ‘il domicilio autonomo’, destinato ai ragazzi che avevano vissuto nelle comunità di accoglienza e che erano diventati maggiorenni e quindi non avevano più reti ‘pubbliche’ a supporto, ma non erano ancora in grado di camminare da soli. Serviva una comunità di accoglienza, un processo che li aiutasse a sviluppare un’identità personale e lavorativa, un accompagnamento al lavoro. Un servizio che oggi compie 18 anni, è stato riconosciuto dall’ente pubblico ed ha aiutato centinaia di ragazze e ragazzi. A Progetto 92 ho fatto 3 mandati da amministratore. Ho seguito e accompagnato la crescita della cooperativa, la sperimentazione dei servizi innovativi e anche le pratiche per l’acquisto della sede, la ricapitalizzazione e la patrimonializzazione. A 27 anni sono entrato nel cda di Consolida.
La scelta di un ragazzo così giovane aveva colpito anche un quotidiano trentino , che in uno dei (purtroppo) soliti articoli su come valorizzare i giovani, allora mi aveva inserito nella ‘Top ten’ dei trentini under 30 con ruoli di responsabilità. Con quest’esperienza ho imparato che la cooperazione è in grado di premiare il merito. Sono entrato in cda senza conoscere nessuno e grazie a quello che ho fatto, alla mia esperienza e al mio modo d’essere sono stato valorizzato fino a diventare vicepresidente. E questo è un esempio di modernità che va sottolineato. Lì ho seguito l’area infanzia e adolescenza e poi mi sono occupato di inserimenti lavorativi, politiche attive del lavoro, innovazione, sviluppo, impresa sociale. Fino all’incarico di presidente di Cooperjob.
Cooperjob è un’agenzia del lavoro che ha come soci le Federazioni trentina, altoatesina, valdostana e piemontese. È riconosciuta dal Ministero del Lavoro, unica realtà trentina ad esserlo in un elenco che non supera le 60 imprese a livello nazionale. Questo perché il percorso di accreditamento è complesso. D’altronde se vuoi operare in un settore così delicato come quello del lavoro, trasparenza e correttezza devono essere certificate in modo cristallino. Cooperjob è una spa e si muove in un contesto estremamente concorrenziale. Solo in Trentino ci sono altre 14 agenzie, spesso gestite da multinazionali. La sua particolarità è che ha uno statuto simile a quello delle imprese sociali. Cioè ha come attenzione primaria il benessere della persona che ad essa si rivolge. In tre anni Cooperjob è passata da un fatturato di 400mila euro a quasi 7 milioni di euro. La filiale di Trento gestisce 130 lavoratori stabili. Nell’anno facciamo lavorare complessivamente oltre 500 persone.
Riuscirci in questo periodo significa dare occasioni. Perché non è vero che il lavoro che proponiamo è precario. Le persone vengono assunte a tempo determinato ed hanno la stessa paga e gli stessi diritti delle altre adibite a quella funzione. Siamo una sorta di olio lubrificante che aiuta il motore lavoro ad essere più efficiente. Aiutiamo le persone a trovare il lavoro per cui si sono formate, a ricollocarsi quando hanno perso il posto, a formarsi per riuscire a trovare identità professionale. Nel 2012 abbiamo organizzato più di 30 corsi, 10 dedicati ai disoccupati di lunga data, per collocarli in nuovi mercati. In Trentino c’è un’ altissima cultura ed un profondo rispetto per i temi del lavoro. Siamo stati i primi a pensare al progettone, a sperimentare le cooperative sociali di tipo b, per gli inserimenti lavorativi. Abbiamo saputo innovare. Ora anche con Cooperjob, che qui riesce a lavorare con tutti i settori dove le cooperative sono attive.
L’auspicio è che ci vedano sempre più come risorsa. Ma siamo coscienti di avere 3 anni, di nascere da una legge che ne ha 13, e di essere parte di un movimento che ne ha più di 120. Serve tempo. Sono consapevole che la mia storia rappresenta un’eccezione. Dare fiducia ai giovani non è la regola. Ma i giovani non sono bamboccioni. Ce ne sono tanti che si impegnano, come è emerso anche recentemente. Il ricambio generazionale va accompagnato e sostenuto. Non può essere eccezionale. Bisogna creare solidarietà generazionale tra educatori vecchi e nuovi, tra dirigenti di primo pelo e d’esperienza. Il passaggio va anche forzato, magari attraverso forme di accompagnamento, di coaching, di tutoraggio. Che non riguardino solo le nozioni ma anche le relazioni. Perché quelle muovono il mondo.

di Pietro Scarpa