cooperativa Cooperativa Lavoro e Servizi Valsugana
Trento - Trentino Alto Adige/Süd Tirol

Comunita
Settore
Servizi
storia
1985
Nasce nel
La mia laurea? Cinque fallimenti

Renzo Cescato e altri otto compagni cassintegrati fondarono la Cooperativa Lavoro Servizi Valsugana nel 1985. Mai un bilancio in rosso. Oggi è una realtà in espansione, con 11 milioni di fatturato annuo e nessun debito.

a cura di Franco de Battaglia

Se c’è un’impresa che in questi anni difficili, mentre l’Italia è chiamata a fare sacrifici e lo stesso Trentino deve interrogarsi su quali nuove dimensioni di lavoro intende perseguire, se c’è un’impresa che con la sua storia, attraverso tutte le tempeste del secolo passato e le “globalizzazioni” astute del nuovo (far pagare a chi lavora le perdite di chi vive sui capitali) si pone come esempio di resistenza, per non lasciarsi scoraggiare e creare, invece, occupazione sul territorio, questa è la Cooperativa Lavoro e Servizi Valsugana. La presiede Renzo Cescato e ha sede a Scurelle.
Cescato ha 55 anni, una famiglia giovane con tre figli (per cui nel futuro “bisogna” credere) ma ha già alle spalle 40 anni di lavoro (iniziò giovanissimo, appena dopo la terza media, orfano di padre a 12 anni) e tutta una serie di traversie che sono un po’ lo specchio della vicenda industriale trentina. Per questo egli parla di sé e dei suoi compagni d’avventura cooperativa (si misero insieme in nove nel 1985) con un misto di orgoglio e di pudore, perché attraverso le loro vite sia possibile capire i colpi pesantissimi che i lavoratori hanno dovuto subire, ma anche le reazioni di volontà e di carattere che hanno permesso di superarli.
Negli anni Sessanta la Valsugana sembrava uno degli esempi più riusciti di riconversione dall’agricoltura povera (con emigrazione) all’industria. In quegli anni di sviluppo anche turbolento veniva citata a modello: c’erano aziende importanti (la Malerba, la Bauer Foradori, la Dalsasso…) operai laboriosi, bassissima conflittualità. Ma ciò non bastò. Un colpo micidiale venne dall’alluvione del 1966 che distrusse impianti e capannoni, mettendo in ginocchio imprese che da poco si affacciavano sul mercato, ma altri fattori non tutti limpidi contribuirono poi a peggiorare la situazione. Di fatto, qualche impresa esterna rilevava situazioni di debolezza locale, godeva dei contribuiti provinciali previsti per i rilancio e poi… crisi? Difficoltà di mercato?… Comunque se ne andava. Restavano, senza lavoro, gli operai.
È stata questa la “scuola” cui è cresciuto Cescato, ed oggi egli, sorridendo, ne riconosce l’importanza : “Ho fatto solo la terza media, la mia università sono stati i miei cinque fallimenti”. E intende dire che i fallimenti delle cinque imprese dove ha lavorato (“appena pensavo di avere un’occupazione stabile chiudevano) lo spingevano a cercare dentro di sé tutte le risorse necessarie, di imprenditorialità, per trovare un’alternativa. Ma vuole anche dire che l’esperienza diretta della nascita e morte di tante imprese, gli ha aperto gli occhi su certi meccanismi più di tante lezioni universitarie. Ha visto ciò che si può fare e ciò che non bisogna fare. Il primo impatto – durissimo – avvenne nel 1985, l’anno della fine del primo sogno industriale trentino, l’anno della chiusura della Grundig a Rovereto con i suoi tremila espulsi, l’anno della crisi profonda anche in Valsugana, tanto che Cescato, ad appena trent’anni si trovò non solo disoccupato, ma “espulso” dal mondo del lavoro. Ma non era il caso di vivacchiare di cassa integrazione e lamenti, si capiva che un ciclo era finito. Sembrava allora che a Villa Agendo venisse allestita una discarica di rifiuti urbani e Cescato, con alcuni altri “espulsi” ritenne che sarebbe stato possibile “aiutare” i Comuni e razionalizzare la raccolta che fino ad allora veniva affidata in maniera saltuaria a qualche artigiano. “Prendemmo chi ci stava– ricorda Cescato – e partimmo con la cooperativa per la raccolta dei rifiuti”. La cooperativa aderì alla Lega, che allora non si era ancora fusa con la Federazione. “Eravamo pieni di buona volontà, ma non sapevamo cosa fare, andammo allora ad informarci in Emilia, presso la Cooperativa Brodolini, che operava nella raccolta sui Lidi Ferraresi. La Brodolini – ricorda Cescati – ci predispose un progetto operativo per la raccolta dei rifiuti e ci prestò i camion per i primi sei mesi di attività”.
Così la cooperativa maggiore aiutò la neonata muovere i primi passi, un bellissimo esempio di aiuto mutualistico non tanto frequente neppure oggi. Molta acqua, nel frattempo, è trascorsa sotto i ponti del Brenta, molti obiettivi sono stati raggiunti. Il fatturato dei primi anni era di 2 milioni e mezzo di lire (sarebbero circa 1500 euro) mentre oggi si aggira sugli 11 milioni di euro, con 180 dipendenti di cui 55 soci, la metà donne. Il settore di attività si è precisato nella raccolta dei rifiuti solidi urbani e pericolosi, che vengono anche smaltiti fuori Provincia. E’ stato costruito un capannone di 1300 metri quadri coperti, un secondo verrà appaltato a breve. Il patrimonio a riserva è di 6 milioni. Cescato ha imparato bene la sua lezione “universitaria” sui “cinque fallimenti”, ha imparato a tener sotto controllo i debiti (“non abbiamo mai avuto un bilancio in rosso”) che appesantiscono tante cooperative, e a premunirsi, mettendo da parte un capitale di garanzia.
“In questo momento – dice – abbiamo la fortuna di non avere debiti, ma il patrimonio non è caduto dal cielo. Sono soldi che non sono stati distribuiti ai soci, e sono stati investiti, invece sul territorio. Dovrebbe tenerne conto chi propone di tassare i patrimoni. Ci sono patrimoni accumulati con speculazione finanziarie, d’accordo, ma altri attraverso sacrifici e rinunce allo stipendio. È ben diverso, no”? La lunga marcia da 1985 ad oggi non è stata però, facile. Nei primi anni la raccolta dei rifiuti non bastava a far vivere i soci : “Il Comune di Borgo ci affidò la pulizia della strada, poi avemmo l’incarico di “spietrare” un campo da calcio. Prendevamo tutti i lavori. Per lo spietramento pensammo di fare come in Romagna per le spiagge, con un grosso rastrello di ferro, trainato da un piccolo trattore. Ma noi costruimmo un rastrello di ferro che pesava troppo e non avevamo un trattore, solo il motocoltivatore di un socio.
Quando iniziammo a trainarlo il rastrello rimase fermo a terra e il motocoltivatore si impennò. Per un periodo facemmo anche gli spazzacamini e per alcuni anni il taglio dei boschi, finché non fummo colpiti da un grave, dolorosissimo incidente. Entrammo nel campo delle pulizie civili e industriali, lavavamo gli impianti il sabato e la domenica”. La nuova crisi, peraltro, avverte che le emergenze sono sempre dietro l’angolo. Cescato, oltre che presidente della Cooperativa è anche presidente del Cla (Consorzio Lavoro Ambiente), è stato presidente della Cassa Rurale Centro Valsugana ed è vicepresidente della Federazione della Cooperazione. Riesce a seguire tutti gli incarichi? Il “focus” resta sulla cooperativa di Scurelle: “I pilastri su cui abbiamo costruito il nostro futuro sono stati due: il cooperare e il non mollare.
Mentre le industrie se ne andavano noi siamo restati e questo ci ha anche consentito di far capire ai Comuni che alcuni servizi vanno radicati, devono creare lavoro locale. Noi peraltro partecipiamo ai bandi di appalto ogni cinque anni. La nostra cooperativa è fatta tutta da locali. Il 2012 lo vediamo come un altro anno di svolta, ma dobbiamo intensificare i collegamenti che già abbiamo con le province limitrofe. I tempi sono difficili, ma non per piangerci sopra, bensì per andare avanti per con il mondo che cambia e garantire il lavoro ai soci. Questo è il nostro obiettivo. Alla pensione penseremo poi”. Nel 2013 la cooperativa si è fusa con altre due storiche realtà cooperative trentine che si occupano di servizi per l’ambiente: Lavoro e Servizi Valsugana, Cet soc.coop. e La Cicogna Servizi soc. coop dando vita a Ecoopera.