cooperativa Cassa Rurale d’Anaunia
Trento - Trentino Alto Adige/Süd Tirol

Territorio
Settore
Finanza
cassa rurale,giuliana cova,donna
1892
Nasce nel
La direttrice con l’Africa nel cuore

La storia dell’unica donna al vertice di una Cassa Rurale trentina. La sua esperienza professionale, di mamma e volontaria.

Testo a cura di Dirce Pradella
di Giuliana Cova

Ho appena compiuto 53 anni e sono socia della Cassa Rurale da quando ne avevo 18. La mia prima esperienza lavorativa l’ho fatta nell’azienda di famiglia, poi all’Associazione Artigiani. Ma ben presto ho cominciato ad occuparmi di banca, entrando alla Cassa di Risparmio di Trento e Rovereto, dove ho lavorato 11 anni ricoprendo via via ruoli sempre più stimolanti e con il tempo incarichi di responsabilità. Ho deciso di cambiare banca quando la Cassa di Risparmio ha modificato filosofia entrando nel gruppo Unicredit. Mia figlia aveva 12 anni e desideravo lavorare più vicina a casa. Così sono entrata in contatto con il direttore della Cassa Rurale d’Anaunia, Gilberto Zani, che era in cerca di una persona con esperienza da mettere a dirigere la filiale di Romeno. E mi ha assunta.
Dopo un paio d’anni mi ha richiamata in sede per creare una nuova area di consulenza e sviluppo. A fine 2009 Zani è andato in pensione e il Consiglio di amministrazione, presieduto da Giorgio Melchiori, ha deciso di assegnarmi l’incarico della direzione generale. In quei tempi era già conclamata una crisi economica importante, e la mia attività ha dovuto concentrarsi sulla razionalizzazione dei costi conservando l’alto livello di qualità del servizio offerto. Il primo anno è stato durissimo, non lo nego. Abbiamo riorganizzato alcune aree, continuando a puntare con convinzione sulla formazione del personale. In questo ambito non abbiamo risparmiato: chi decide di entrare nei nostri uffici lo deve fare per la professionalità delle persone che vi lavorano, non per il tipo di prodotto, né tanto meno per l’insegna sulla porta.
E per fare i consulenti serve la massima preparazione: per questo 9 colleghe e colleghi l’anno scorso hanno ottenuto la certificazione di livello europeo EFA (European Financial Advisor), che prevede un impegnativo percorso formativo di circa nove mesi e il superamento di un esame, che in Italia si svolge solo due volte all’anno a Milano e a Roma, i cui standard sono fissasti e concordati su indicazione del Standard and Qualifications Commitee. Quest’anno contiamo sulla certificazione per altri 6 dipendenti. Il fatto di essere donna in un ambiente con ai vertici solo uomini, come ho scoperto nel mondo della cooperazione, non l’ho mai vissuto come un problema. Mi sono però sempre chiesta come mai ci si sia dimenticati dell’altra metà del cielo.
Con il tempo e con il lavoro le soddisfazioni sono tante: la banca è sana, la struttura buona, i colleghi preparati. Abbiamo inserito nuovi servizi, come la consulenza avanzata alle imprese, a pagamento, che prevede la misurazione della performance attuale e prospettica dell’azienda e la valutazione condivisa dei nuovi progetti e della loro sostenibilità. Si tratta di un servizio che è stato molto apprezzato dalla nostre aziende e che crea fidelizzazione. Il nuovo passaggio – direi epocale – che coincide con la riforma del credito cooperativo e l’ingresso della Cassa Rurale nel Gruppo Cooperativo Cassa Centrale Banca, ci consegna un futuro che può essere positivo: potremo migliorare in efficienza, liberando le risorse oggi impegnate internamente per rinforzare il fronte dedicato alla consulenza alla clientela.
All’appuntamento ci presentiamo con i conti in ordine – anche quest’anno chiudiamo con un ottimo utile –, con un programma di riduzione del personale attraverso un fondo di solidarietà già spesato nel bilancio 2015 e un progetto di razionalizzazione dei piccoli sportelli. Anche se condivido l’idea del Consiglio di amministrazione che l’obiettivo a cui guardare, a lungo termine, sia quello della Cassa Rurale di valle, perché ci consentirebbe di rinforzare tutti gli ambiti di servizio, con vantaggi importanti per la clientela. Potremmo avviare nuovi servizi, non solo bancari o assicurativi. Ogni giorno affronto il lavoro tenendo bene in mente un insegnamento che mi ha regalato mia figlia. Arrivata al terzo anno di Medicina, mi ha chiesto all’improvviso il permesso di fermarsi 3 mesi e andare a fare volontariato in Africa. Avevo paura, ma l’ho lasciata vivere quest’esperienza.
Dopo lo shock iniziale, è tornata piena di entusiasmo e di significato, ora si sta specializzando in pediatria a Verona, e mi ha coinvolta per riuscire a mantenere una promessa che aveva fatto lì: ospitare un bambino con una displasia fibrosa alle ossa del viso che in Kenya non riuscivano a curare. Grazie alla solidarietà di tante persone, compresa Cassa Centrale Banca, lo abbiamo accolto in Italia ed è stato operato dal dottor Fulvio Campolongo, primario della Chirurgia Maxillo Facciale di Trento. La mia prima esperienza in Africa è stata con lei, per riaccompagnarlo al suo villaggio, dopo una permanenza di un mese e mezzo a casa nostra. Un viaggio bellissimo, in cui ho conosciuto persone speciali, che donano loro stesse per gli altri, come Padre Francis Gaciata: dopo la laurea alla Pontificia Università di Roma ha scelto di tornare nel suo Paese di origine, il Kenya, per dedicarsi al suo popolo.
Con lui e con altri amici volontari è nata l’Associazione Melamango (dalla mela, frutto del nostro Trentino, al mango, delizia kenyota) che in soli 5 anni ha costruito un orfanotrofio (Shalom Home, Casa della pace) che si sostiene con le adozioni a distanza delle 220 straordinarie famiglie trentine che credono nel nostro progetto. Ad oggi i bambini sono quasi 300. Grazie a tanti benefattori abbiamo anche acquistato 4 ettari di terreni, poi destinati a bananeti, un trattore per arare i campi per conto terzi, costruito un magazzino per lo stoccaggio del mais e dei legumi. Il tutto per cercare di rendere l’orfanotrofio il più possibile autonomo dal punto di vista finanziario. Attualmente stiamo portando a termine l’ampliamento del dormitorio e la costruzione della scuola secondaria per dare un futuro dignitoso a quei bambini e ragazzi che, come sostiene padre Francis, è possibile soltanto con la cultura e la formazione di qualità, l’unica arma per combattere l’ignoranza e la povertà.
Tutto questo è diventato realtà per merito di tanti benefattori che credono nei nostri progetti, ma soprattutto grazie alla straordinaria capacità di Padre Francis, che ha saputo prendere il buono di entrambe le culture che conosce bene, quella italiana e quella kenyota, amalgamandolo per far crescere qualcosa di nuovo. Questo insegnamento l’ho trovato particolarmente prezioso, anche in ambito professionale: ciascuno di noi ha i propri talenti, e sono quelli che dobbiamo valorizzare, la parte migliore di ognuno. Solo così la persona dà il meglio di sé e si sente gratificata. Da allora trascorro le mie ferie in Africa, tra i bambini dell’orfanotrofio, per contribuire a porre le basi per garantire loro un futuro migliore, perché possano considerare la vita come una bella esperienza. Ritorno a Taio con la mente libera: non si tratta di “mal d’Africa” ma di “cura d’Africa”.
E quando mi capita una giornata storta accendo il mio smartphone e guardo la foto di Michael che sorride con gli occhi luminosi di felicità sulla sua sedia a rotelle: l’abbiamo trovato praticamente abbandonato dai genitori, insieme ai suoi tre fratelli, tutti malati di distrofia muscolare. Oggi sorride, ha un tetto, dei pasti, l’assistenza medica, può studiare, un ambiente sano e tanti amici all’orfanotrofio che si prendono cura di lui come in una grande famiglia. E la sua serenità nella foto mi ricorda subito che questa è la sensazione che vado cercando e così penso “Cos’altro vuoi dalla vita?” e mi sento una donna veramente fortunata.