cooperativa
Cantina sociale di Carpi e Sorbara
Modena - Emilia Romagna
Da oltre cento anni impegnati per produrre e difendere un prodotto diventato un’icona: il Lambrusco
In terra emiliana, tra le aziende pioniere in ambito di cooperazione sociale enologica, operativa già dal 1903 c’è la Cantina Sociale di Carpi, che oggi, dopo la fusione con la Sorbara, è denominata Cantina di Carpi e Sorbara. In questo contesto si inserisce una delle esperienze di aggregazione sociale tra le più lungimiranti. Condotta da subito con capacità imprenditoriale, profondamente legata al territorio e ai suoi usi e costumi, nell’arco di oltre un secolo la cooperativa è stata capace di effettuare una progressione di crescita che oggi le consente di coprire in pratica l’intera filiera produttiva, dalla pigiatura alla commercializzazione del vino, di tutte le sei Doc storiche del Lambrusco: Lambrusco di Modena, Sorbara, Salamino Santa Croce, Grasparossa, Lambrusco Reggiano, Lambrusco Mantovano.
Negli anni il percorso ha portato a incorporare diverse storiche realtà sociali enologiche del territorio e i numeri oggi descrivono una realtà decisiva nel panorama del Lambrusco, potendo vantare 1.200 soci conferenti, 2.330 ettari di vigneti, 400 mila ettolitri di vino prodotti all’anno, tre milioni di bottiglie. Per comprendere bene il contesto in cui si è sviluppata questa realtà, è necessario compiere un passo indietro. Da sempre il Lambrusco è un elemento identificativo della tavola e della buona cucina di queste terre, ma nella tradizione popolare è anche stato lungamente investito di un ruolo di vero e proprio cibo liquido, specie quando in certi magri periodi è stato chiamato a sostegno di un’alimentazione non proprio varia e abbondante.
Negli anni successivi all’unità d’Italia, nelle province vocate alla coltivazione delle uve da Lambrusco comincia a farsi strada il bisogno di rivedere i metodi produttivi, ancora legati esclusivamente alle tradizioni millenarie, specie quelli maturati in epoca medievale sotto l’influenza di Matilde di Canossa. Questi metodi si rivelano improvvisamente inadatti ad affrontare il salto di qualità che la modernità, favorita dalla nuova entità statale e dalla creazione delle prime infrastrutture ferroviarie, comincia a esigere; soprattutto nel bisogno del superamento di quell’ordine sparso in cui si presentano i produttori, vincolati dall’antica frammentazione dei propri piccoli fondi agricoli. Maturando queste esigenze, agli albori del nuovo secolo nasce l’intuizione di unire i piccoli produttori in un’aggregazione sociale in grado di rispondere alle sfide commerciali di più ampio respiro e agli investimenti ingenti che l’ammodernamento esige.
Questa consapevolezza comincia a far pensare che la cooperazione in ambito vinicolo possa essere lo strumento più idoneo ad affrontare le incipienti esigenze; consentendo al contempo una ricaduta benefica su tutti i soci conferenti, fino ad allora impossibilitati ad affrontare in proprio le cospicue spese per l’acquisto delle strutture necessarie a una produzione enologica in grande stile. Nell’arco delle prime due decadi del Novecento nascono così su tutto il territorio delle province di Modena e Reggio Emilia numerose altre realtà sociali finalizzate alla produzione enologica.
Sotto questo aspetto molto si deve a un illustre personaggio: Gino Friedmann nato a Modena nel 1876, possidente dalla visione illuminata, che intuisce potenzialità e vantaggi della cooperazione, specie per lo sviluppo e il benessere della comunità di quegli anni, e nel 1913 si fa promotore della Cantina Sociale di Nonantola, oltre che di quella propensione sociale che si consoliderà sul territorio fino ai giorni nostri.Visione che oggi consente di guardare al presente e al futuro con la consapevolezza di avere le carte in regola per consentire al Lambrusco di esprimere compiutamente tutte le sue enormi potenzialità.