cooperativa Arcobaleno
Trento - Trentino Alto Adige/Süd Tirol

Solidarieta
Settore
Welfare
umanità
1988
Nasce nel
La cooperazione? È prima di tutto contatto personale

Promozione culturale e sociale camminano insieme. Romano Turrini ha fondato la Cooperativa Arcobaleno ed è Coordinatore diocesano della Caritas

A cura di Franco de Battaglia di Romano Turrini

Mi chiamo Romano Turrini e sono nato nel 1950, alla metà esatta del Novecento, del “secolo breve”, che ha però radici profonde nella storia cooperativa del Trentino dell’800, e rami vasti estesi verso il futuro, oltre il 2000. Sono molte le esigenze nuove, le nuove povertà… famiglie, anziani, immigrati, profughi… Forse anche per questo il mio impegno nelle cooperative l’ho sempre diviso con la scuola e con la cultura: radici e futuro. Mi è sembrato giusto e anche corretto. La solidarietà, infatti, nasce nella scuola, con i ragazzi che imparano ad affrontare progetti comuni, a collaborare insieme, a sostenere i più svantaggiati. E prosegue con la cultura, che forma il tessuto connettivo delle attività di cooperazione e di solidarietà.
Non a caso quindi, guardando alla mia vita, posso dire che i miei primi studi e i primi libri sono stati un po’ la porta d’ingresso al mio cooperare. Il maestro da cui ho imparato, e al quale mi sono ispirato, è stato Aldo Gorfer. Insieme abbiamo scritto “La terra dove nasce il Garda”, edito da Cierre. Era quasi un manifesto su un ambiente nel quale l’incontro fra attività differenziate e produzioni diverse (la frutta l’olio, le prugne… le aperture esterne portate dagli ospiti del turismo), ha stimolato il radicarsi di una mentalità cooperativa non solo come autodifesa dei lavoratori, ma come orgoglio di comunità: la “Lega”, essere insieme… la fierezza di cooperare, quasi una forma di nobiltà, di legittimazione, di investitura sul territorio. Senza questa storia alle spalle (abbiamo cercato di esprimerla con Cesare Bertassi in “Cent’anni di cooperazione nelle valli del Sarca 1911- 2011”) non si capirebbe una figura come quella indomita Personalmente ho “scoperto” la Cooperazione proprio nella scuola, quando venivano Flavio Beozzo e Corrado Corradini, con il loro entusiasmo a trovarci, a presentare progetti possibili. Bisogna che la Cooperazione entri nella scuola, in maniera cordiale, non formale. C’è sempre più bisogno di promuovere attività che obblighino i giovani a lavorare insieme: il teatro, la musica, mobilitazioni e raccolte di solidarietà. I ragazzi d’oggi hanno ancora più bisogno di ieri di contatti diretti, di conoscere persone e situazioni, altrimenti rischiano di rimanere chiusi nei loro bozzoli mediatici, artificiali. Oggi i ragazzi sono volonterosi, ma meno autonomi che in passato, hanno bisogno di chi li guidi attraverso esperienze di comunità, di solidarietà. Tocca alla Cooperazione farlo. Nelle Valli del Sarca abbiamo ottenuto buoni risultati con i mercatini solidali, i cui ricavati venivano poi portati, tutti insieme, materialmente, al Villaggio Sos.
Così gli scolari potevano conoscere la realtà di ragazzi come loro, ma meno fortunati di loro. La Cooperazione è innanzitutto contatto personale, non va mai dimenticato. Anche per questo ricordo con piacere la mia prima esperienza cooperativa, a Ponte Arche, un’iniziativa chiamata “Roba Vècia”, in cui i ragazzi vuotavano le cantine di casa e venivano a scuola, la domenica pomeriggio (domenica!) con i vecchi attrezzi dismessi e ritrovati… Abbiamo fatto una piccola esposizione, una piccola pubblicazione, ma il senso vero dell’iniziativa era il lavorare insieme. L’altro aspetto importante del cooperare è ascoltare. Più ancora che di essere aiutata la gente ha bisogno di essere ascoltata. Per questo sono entrato alla Caritas, che respira con due polmoni: il primo è l’opera di sensibilizzazione, il secondo la risposta operativa ai bisogni. Ma ambedue i polmoni respirano con la stessa aria, convogliata dal Centro di ascolto e solidarietà, dove la gente si rivolge per esporre i suoi bisogni, dove si capisce in quale direzione intervenire. Sì, sono diventato Coordinatore diocesano della Caritas. Nel 1983 avevo fondato la Caritas ad Arco, ma le emergenze sono cresciute. Oggi gli interventi di aiuto riguardano per metà gli stranieri, ma per un’altra metà famiglie del Trentino, una su due. C’è pudore a dirlo e a riconoscerlo, ma è così. C’è frantumazione, anche nell’impoverimento. Dall’ascolto, dal Centro di ascolto, abbiamo fondato nel 1988, con Renata Giovanazzi, anche la Cooperativa Arcobaleno, oggi con 70 socie (presidente Chiara Dossi) per assistenza e welfare agli anziani soli in casa. È un lavoro a tutto campo, impegnativo. Fino a quando un anziano riceve i pasti in casa, vede una figura amica, e può contare sul telesoccorso ritarda il ricovero in casa di risposo.
Ogni tanto, all’Arcobaleno, ci ritroviamo fra di noi e ci “rinfreschiamo” su ciò che significa essere una cooperativa, non solo operatori e operatrici, ma anche l’orgoglio civile di essere cooperativa, perché “se va bene, va bene per tutti, se va male, va male per tutti”. Abbiamo collaborato strettamente con il Comune, già ai tempi in cui era sindaco Selenio Joppi, ma è importantissimo, per una comunità, avere “in casa” per così dire, un volontariato di assistenza. Ora si affacciano anche organizzazioni da fuori, che spesso non sono vere cooperative, ma una comunità deve sapere resistere alle scorciatoie di “appaltare fuori” al ribasso e lavarsene le mani. La vita dei nostri anziani, come delle famiglie in difficoltà, ci appartiene, dobbiamo curarla noi. Bisogna dire che il sistema cooperativo tiene bene, i “fidi” delle casse rurali sono essenziali.
E il volontariato (le amministrazioni comunali dovrebbero esserne sempre più consapevoli) sono la vera ricchezza di una terra. Volontariato significa, infatti, che una persona mette a disposizione ciò che ha di più prezioso: il suo tempo e le sue competenze. Ho avuto (ho) una vita intensa, fra volontariato e ricerche storiche. Questa stagione di Coordinatore della Caritas (il nostro arcivescovo Luigi Bressan ne è il presidente nazionale) mi impegna. Ma ho avuto anche riconoscimenti dalla mia terra. Lo confesso, quello cui più tengo è il “Gonfalone d’argento” del Comune di Arco, la più alta onorificenza civica, con la motivazione di aver “promosso lo sviluppo culturale e sociale della Comunità”. È stato sempre il mio sogno riuscire a far camminare insieme cultura e solidarietà.