cooperativa Ai Rucc e Dintorni
Brescia - Lombardia

Territorio
Settore
Welfare
storia
1984
Nasce nel
Un luogo che prima non c’era

Anima, valori e lavoro, tre capisaldi di una cooperativa sociale diventata un riferimento del territorio

I nomi dei luoghi nascono da sé: non è una grande osservazione, ma ci permette qualche riflessione. Vobarno, il paese vogliamo dire, sorge sul fondovalle, sulle rive del fiume Chiese. La Comunità ai Rucc e Dintorni sorge in una valletta laterale, su una collinetta formatasi, in chissà quanti mi-lioni di anni, dallo scarico dei detriti della valle che scende dal Dos dele Puse, tra la Seresöla e la Corna de Paraine da una par-te e il Los dall’altra; i geologi la definiscono un “conoide di ar-gilla”, in passato, che si sappia, non ha avuto un toponimo tutto suo; fino agli anni Settanta, ci stava un vecchio fabbricato agri-colo di proprietà del Beneficio parrocchiale; forse, per indicare il luogo, si faceva riferimento al nome di chi se ne serviva.
Questa località, dagli anni Ottanta in poi, ha un nome: la Comu-nità; si sente abitualmente dire “Sö en Comunità…”, “So pasàt dala Comunità…” ecc. Ormai la Comunità o, se vogliamo ricorrere alla denominazione ufficiale, la “Società Cooperativa Sociale Ai Rucc e Dintorni – onlus”, è un tutt’uno con il luogo che la ospita: il lavoro, la sofferenza, il sudore, la passione, ma anche la gioia e la speranza, che la animano sono ormai radicate, compenetrate, fuse insieme alla terra su cui ancora e sempre camminano, sostano, arrancano, faticano i passi di chi ci è vissuto e ci vive; i passi di quanti han-no speso energie e fatiche a favore di chi era in difficoltà; i passi di quanti sono giunti su quel colle con la speranza di poter riconquistare la propria esistenza.
D’accordo: il toponimo ha ancora il sapore della realtà che lì si è insediata; ma è solo questione di tempo: nei secoli a venire quel colle sarà ormai semplicemente La Comunità. E si parva licet componere magnis – se è lecito paragonare le cose piccole (ma neanche troppo piccole in verità!) alle grandi – in fondo anche la Comunità sta su un colle, proprio come la Ma-donna della Rocca; anch’essa, seppur da un’altura più modesta, domina il paese. Alla Madonna della Rocca i Vobarnesi guardano chi con lo sguardo della fede, chi più semplicemente con quello della storia e della tradizione; alla Comunità si dovrebbe guardare tutti come si guarda a tutte le opere di cui l’uomo è capace quando è anima-to dalla buona volontà, dal desiderio del bene, dallo spirito di solidarietà, dall’amore fraterno.
Ebbe modo di scrivere don Raffaele Licini, in occasione dell’inaugurazione degli edifici in cui ha sede la Comunità: (…) La sua residenza è collocata in un luogo ben visibile, in un luogo dove gli uomini vivono e lavorano, soffrono e cadono, sperano e si rialzano (…) La posizione in cui ha sede la struttura è per il paese davanti ai propri occhi, quotidianamente, una presenza positiva che innesta il coinvolgimento positivo della popolazione locale e della zona. La funzione “educativa” che, più o meno consapevolmente, la posizione geografica della struttura era chiamata a svolgere, fu chiara fin dall’inizio: La sua ben visibile presenza, non emarginata localmente, può essere trasformata per la popolazione e in particolare per i gio-vani, in un momento di stimolo e di riflessione su tutti quei temi che la problematica droga inevitabilmente solleva: la qualità della vita nella società post-materialistica, il degrado dei rap-porti interpersonali, i temi dell’educazione, dei valori…
La Cooperativa – è stato scritto – si propone di svolgere una atti-vità finalizzata alla qualificazione umana, morale, culturale, pro-fessionale e all’inserimento sociale e lavorativo di chi si trova in stato di bisogno, handicap ed emarginazione: umano, morale, culturale, professionale, sociale, lavorativo: sei aggettivi che, partendo dal significato più alto e generale che all’uomo siamo soliti attribuire, di persona capace di pensiero e di sentimenti, l’humanitas appunto (umano), percorrono via via tutti gli aspetti dell’esperienza umana (morale, culturale, professionale) fino a toccare i momenti apparentemente più comuni e quotidiani: quel-lo della relazione con gli altri (sociale) e dell’attività attraverso cui, sopperendo alle necessità del vivere, riconosciamo un nostro ruolo nella società (lavorativo).
C’è insomma quello che i filosofi hanno definito umanesimo in-tegrale; ovvero, come scrisse don Raffaele Licini, si è partiti, nel nome di Dio e dell’uomo! Il cammino è sempre e ancora all’’inizio!